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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Roma di pioggia e volo di gabbiani

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  Poco oltre me, il volo dei gabbiani sul ponte di Viale Marconi. Il semaforo rallenta l’andare, lo interrompe, così posso perdermi tra le ali bianche. Anche il cielo è bianco e l’affaccio dei palazzi perde il chiasso dei colori velati dalla pioggia. Imprimo la libertà che mi suggerisce l’immagine, quel volo potente e leggero, fin dentro le membra, prima di ripartire. Roma è bellissima, me lo prende tutto il respiro e se lo porta lungo le strade, nei viali alberati, nei parchi, lungo i binari dei tram. Quando mi sposto da sud a nord, evito il GRA, per il gusto di guardare i paesaggi urbani che cambiano a seconda del tempo e delle stagioni. Oggi il paesaggio è velato da una pioggerella english style, quel piovere aria nebulizzata che non sai se aprire l’ombrello o lasciarti avvolgere, problema non mio visto che sono in macchina e chissà perché realizzo che domani è il primo febbraio. Un rapido calcolo per analogia di mesi e per accadimenti vari e resto scioccata a pensare che sono tre

Ospiti Speciali -fotografia- Irene Vallerotonda ci racconta la guerra

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  “Mi chiamo Irene e fotografo per raccontare ciò che non riuscirei mai con le parole. Per fermare un attimo. Per cogliere un'emozione ...”   Oggi intervisto Irene Vallerotonda , una donna forte e sensibile fotografa per passione. Abbraccia il mondo Irene, lo fa con la sua spiccata sensibilità, con l’attenzione del suo sguardo sempre pronto a cogliere momenti particolari, ha urgenza di comprendere, osservare, emozionarsi, ricordare, fermare dettagli e attimi, ma anche voglia di trasmettere messaggi che a parole perderebbero di spontanea intensità. Irene e la sua Nikon D610 regalano preziosi punti di vista e spunti di riflessione su tematiche sociali, culturali, storiche ma anche scorci suggestivi e pittoreschi di luoghi (recente una sua mostra personale “ Vi racconto Cuba ”), dinamiche immagini di street e non ultimo ritratti che lasciano spazio all’espressione come focus centrale. Ciò che fa Irene è osservare la realtà che la circonda essere attenta, in ascolto, empati

Una panchina rossa che fa riflettere

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Domenica passeggiando verso il parco di Fonte Meravigliosa, ho la rara fortuna di cogliere un’immagine straordinariamente simbolica, leggera e densa allo stesso tempo.  Se avessi voluto immaginare uno scatto simile, se avessi voluto provare a ricrearlo, avrebbe perso in spontaneità, proprio quella colta nel gesto della bambina che ho visto correre davanti alla panchina, poi fermarsi a osservarla e infine accovacciarsi a leggere la targa affissa.  Non ho potuto fare a meno di immortalare questo momento che parla senza ausilio di sottotitoli e che ognuno si racconterà a suo modo.  Confesso che mi sono guardata attorno pensando che ci fosse, altrove, qualcuno a fotografarla o una macchina da presa. Ebbene sì, per un momento ho creduto si trattasse di qualcosa di concordato per lanciare un messaggio preciso. Invece poco lontane, voltate di spalle, chiacchieravano due donne che immediatamente dopo l’hanno chiamata a proseguire assieme.  La bambina avrà all’incirca 6 o 7 anni eppure è lì che

libero tratto di riga

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 stesa nuvola di silenzio dietro le tende e il vetro questo cielo mi appartiene sopra i lampioni luce fioca inghiottita a fatica non lego nulla al mio polso al dito libero tratto di riga l'orizzonte cui sempre tendo motiva ogni passo adorna il sorriso marchia quest'anima nomade tengo sveglia la notte impasto la terra alla pioggia vivo inchiostro  parole nuove per ricamare l'alba si fa nome tra le labbra l'amore resta centro resta incanto e io  ti sento nessun confine pura iperbole di tempo chissà da quanto  ci sedevamo accanto chissà da quanto ci sedevamo accanto pina ianiro©️

E' stata la mano di Dio (riflessioni sul film di Paolo Sorrentino)

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 e ho capito perché. perché è un taglio sottile, sottile che arriva lento, liscio e profondo, intanto stai gia' sanguinando e non lo sai. questo mi capitava l'altro giorno, di restare immobile a guardare scene che lasciavano un odore acre. eppure quelle scene erano un viaggio a ritroso in un tempo che ho amato e sofferto, in un luogo che anch'esso ho amato e sofferto in un'altalena alchemica che, attraverso le dinamiche della mente, ti ci riporta spesso, in quei tempi e in quei luoghi, seppure in forma onirica e incosciente. il teatrale alternarsi di discorsi che decollano e planano tra mura domestiche che diventano quinte, finestre e porte usate come altari e cornici, lo spostarsi indietro della macchina da presa per allargare il campo, proprio mentre il cuore stringe come un pugno l'amaro di una storia che urla, pero', urla forte il riscatto e il riscatto parte da una cosa difficile, quasi impossibile: un sogno da realizzare, il cinema. il cinema come fuga dal

Non so aspettare (il tempo è un lusso, un privilegio)

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 Non puoi sapere del silenzio che raccoglie la mia voce mentre ripete le frasi di una poesia. Quel sussurrare breve di parole, cadenzate con tono intenso, nonostante la stanchezza, al di là di un’idea concreta.  Non puoi conoscere la profondità del sentire che distrugge confini e preconcetti, in una sera buia di Dicembre. Una data qualsiasi sul calendario che marcisce appeso in un tempo che fugge immobile, al contrario di me che resto vigile oltre le palpebre e come le ciglia, curvo il pensiero verso l’alto. Invento nuove preghiere fatte di memorie poetiche per dare motivo ai giorni e alla mia mente, per calibrare l’attesa che non ho le membra adatte a poter gestire.  Non so aspettare lasciando solo che il tempo fluisca, non ne vedo il senso.  Il tempo è un lusso, un privilegio.  Sono fatta per muovermi e andare, per correre, respirare forte, per piegarmi dal ridere, fare capriole nei prati, inciampare, graffiarmi per scavalcare cancelli e mura, sono fatta per tuffarmi e nuotare, nuota

come una storia nella storia

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 " -Fa freddo?   - Si.   Silenzio … Accadevano tante cose intanto: la sera, l’inverno, la musica, il battito del cuore, le luci di un Natale strano, il fluire del fiume … lontano o vicino, non faceva distinzione per qualcosa che fondava radici nell’eccezione. Erano pensiero che sapeva scaldare, toccare e creare. Erano associabili al respiro della terra. Erano ognuno a sé eppure bellissimi insieme. Erano come le albe che sorprendono la notte; come i tramonti che esplodono toni infuocati prima di sbiadire nell’azzurro confondendo tutto di viola. Erano dei loro silenzi e della solitudine che avevano imparato a coltivare. Erano spettinati e ribelli, impermeabili a tutto quanto provasse a condizionare, snaturare e omologare il loro essere. Erano imperfetti. Erano improbabili equazioni matematiche senza soluzione. Erano un casino colossale. Eppure, erano. Dati in pasto al mondo e vomitati fuori, troppo lontani dagli ingranaggi giusti; fili di paglia e pagine di storia senza un autore im

Il viaggio immobile (presentazione mostra fotografica di Mario Squitieri)

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Una carrellata di immagini di una Pantelleria suggestiva e autentica, in cui la natura è protagonista, generatrice di bellezza perennemente mutevole e sorprendente, una natura che ci mette al cospetto di noi stessi suggerendoci il senso del limite. Ne è consapevole Mario Squitieri , ha imparato tanto dalla natura che rispetta e ascolta con devozione, legge e fotografa con l’attenzione dovuta. La sua Reflex non è semplice strumento ma parte stessa del sentire, del saper cogliere l’attimo perfetto, del vivere e catturare il momento fugace l’hic et nunc caro al poeta, al filosofo e all’artista. “La macchina fotografica deve sentire quello che sto facendo” racconta Mario che porta in mostra il prezioso campionario di immagini di un viaggio: “Il viaggio immobile” “Un viaggio che bisognava fare”, ci spiega “il tentativo di realizzare un sogno e farlo diventare realtà, prima che la realtà lo schiacciasse”. Così Mario Squitieri motiva questa esperienza. Assottiglia i rapporti con la terraferma