_Il cubo bianco. Recensione di Christian Iorio_

Chissà quanti di voi, lettori del mio blog -assidui o saltuari o, addirittura capitati qui per semplice coincidenza-, hanno letto il mio romanzo. Credo sia giusto pubblicare qualche recensione raccolta nel corso dell'anno di pubblicazione e presentazione al pubblico del romanzo.
Comincerò da una delle più belle e complete -che non a caso ho inserito anche a lato del blog- quella di Christian Iorio che grazie alla sua lettura attenta e alle competenze in merito all'argomento: scrittura, letteratura e non ultimo teatro, ha saputo dare valore alle mie parole, tutte.
Buona lettura.

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Presentato presso Libreria San Paolo Il cubo bianco, primo romanzo della scrittrice e pittrice Pina Ianiro.

SENTIMENTI AL CROCEVIA DEI GENERI LETTERARI

Pareti di carta che aprono a mondi immaginari, soglie a forma di libro che si elevano a loci di sapienze. Questa è una libreria quando la si elegge a palestra per la coltura della conoscenza, del confronto, quando si vuole colmare la sete e nutrire la mente. Una libreria, però, può anche diventare un posto sicuro quando fuori imperversa una tempesta umana.
E’ accaduto, nel corso della conferenza di presentazione del libro Il cubo bianco (Perrone Lab) di Pina Ianiro, che la Libreria San Paolo in via De Pretis divenisse una gabbia di sicurezza chiusa per cautela, chiusa per proteggere le vetrine dal corteo nazionale “contro la repressione” indetto dalla federazione anarchica. La strada deserta, chiusa a traffico degli autoveicoli, poco lontano il dispiegamento di forze dell’ordine in tenuta antisommossa. In ritardo rispetto alle previsioni e in assenza dei molti invitati, rimasti al di là delle saracinesche, sulle banchine delle metropolitane, imbottigliati nel traffico, l’incontro con la scrittrice si è celebrato alle 18,30. Presenti pochi fortunati, la nostra redazione (Arteatro webmagazine*) e la moderatrice Adara Melillo. Una presentazione surreale dunque, a porte chiuse. Fuori il grido della protesta, dentro la voce sottile di
una donna che canta, attraverso l’inchiostro, la sua fuga dal silenzio.
La morsa della mano è la guida dell’interiorità che racconta le rifrangenze dell’amore, il fugace tocco della gioia, il morso della sofferenza. Il cubo bianco è un romanzo che racconta i sentimenti umani, la difficoltà di esprimerli, la complessità della realizzazione del sé nella vita. Incasellato in una struttura teatrale che fa da cornice al testo, il corpo storia è una lunga digressione, una fuga della memoria nel tempo, è quel posto profondo in cui umanità diverse si cercano per stringersi nella purezza e nella verità dei rapporti; amore, amicizia trovano il proprio spazio, pretendono la piena espressione in senso olistico. Sono una lunga attesa, sono il desiderio di ritrovarsi. La scrittura di Pina Ianiro, fresca, pulita, impreziosita da impressioni pittoriche, spinta oltre i margini della pagina attraverso suggestioni musicali, non riesce a stare zitta, cerca il lettore per continuare a parlare oltre il territorio della sua elaborazione. Racconta l’indole di Chiara e Rocco, le trasparenze di Paolo, l’eremitaggio comunicativo di Marcello, il travaglio di Ottavia in cerca della verità tra dedizione e riflessione. Storie che si abbracciano, a cavallo tra Roma e il Senegal, rapporti che deflagrano, realtà, finzioni, apparenze. La mimesi caratterizza l’apertura della narrazione, un primo atto sovraordina le maschere di una pièce surreale. Aleggia sul palco l’illusione del furor amoris riletta alla luce simbolica della consapevolezza: «Io so chi sei! Io ti odio! - urla - tu sei la luce che mi ha tolto la quiete! Stavo bene… cioè credevo di star bene… nel mio buio mi trovavo bene, coccolata, al sicuro, tranquilla».
Difficile alla fine del romanzo distinguere tra realtà e finzione, tra vita e commedia. Ne nasce un quadro relativistico, un gusto pirandelliano dei personaggi.
Si simula, si dissimula eppure tutto ha il sapore della realtà.
Il cubo bianco cerca di esprimere «un modello finito di un mondo infinito» (Lotman), mostra, nel teatro, un assoluto di una storia quotidiana, lo celebra come simbolo per renderlo universale. Interessante lo sperimentalismo dato dall’intersezione dei generi letterari e dall’integrazione dei codici stilistici. Note di regia, mimesi surreale, diegesi di terza persona, gusto bozzettistico della descrizione, eleganza delle sonorità. La scrittura costruisce una struttura complessa, gioca col tempo, rende quest’ultimo costruttore di performance nella sua casa natia, nel teatro, lo rende aedo di storie della memoria nel racconto. Luogo d’invenzione, vaso di Pandora, la scrittrice, attraverso gli occhi di un personaggio, ci parla della scrittura come amuleto, come interlocutore che esorcizzi il male. «Decise così di scrivere le sue sensazioni su quel taccuino a fiori […] sperava che scrivendoci i suoi stati d’animo tristi, una volta richiuso, non l’avrebbero più turbata». Desiderio di condivisione, volontà di parola, fuga dal buio, il foglio bianco è quella luce che chiama alla vita, è il ritaglio donato per esistere, è il luogo intimo della scrittura. 

*http://www.arteatro.eu/contenuto/index.htm
Christian Iorio redattore per Arteatro
Napoli, Libreria San Paolo, 6 novembre 2010


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