_FACTORY+she FACTORY (O bella ciao) ... quando il racconto è scritto in parallelo_

Ecco un esperimento ben riuscito di "racconto parallelo". 
Il "la" lo diede, involontariamente, Domenico Caringella scrittore per hobby e per passione come me e più di me. 
Al suo attivo una miriade di accattivanti racconti che, nello spazio di poche righe, catturano il lettore trasportandolo a spasso per il mondo (ma anche più in là) e del tempo, riescono a far sentire profumi, a rendere tangibili gli oggetti e reali le sensazioni... E' riuscito a conquistare un'ampia fetta di scrittori e accaniti lettori in quel circolo, sconosciuto ai più, che utilizza facebook come un tempo si utilizzavano i salotti letterari. Ebbene sì, si parla tanto male di facebook mettendo giù un fittissimo elenco di negatività quando, invece, può essere utilizzato anche nei modi più raffinati, utili e culturalmente interessanti. Insomma in questa virtuale "officina letteraria" ha avuto origine questo racconto parallelo che parla di ideologia e della più grande tra le "ideologie".... scoprite pure qual è |(L'esatta grafia di qual è non prevede l'apostrofo in quanto si tratta di un'apocope vocalica, che si produce anche davanti a consonante (qual buon vento vi porta?) e non di un'elisione che invece si produce soltanto prima di una vocale)| ! buona lettura......
ps: ringrazio Domenico per avermi autorizzato a pubblicare il suo racconto sul mio blog ... (l'onore è mio ;))

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_FACTORY (di Domenico Caringella)_

Non bastò il gelo a farli desistere. E così quasi nessuno varcò i cancelli che erano usciti belli che pronti dalla stessa fabbrica a cui adesso facevano da ingresso e sentinella, partoriti dagli altiforni che quella mattina attendevano invano che le solite formiche in tuta e maschera vi si arrampicassero e si ammassassero sotto.
Paolo era lì dalle quattro della mattina. Era stato il primo del suo reparto, dell'intero comparto e forse di tutto lo stabilimento a prendere posto davanti alla cancellata, esattamente sotto l'insegna della società, una scritta oversize effetto a metà tra il lager ed il luna-park.
Qualcuno dei suoi compagni di lavoro e paranoia dormiva nelle "127" parcheggiate contro il muro, giubbotto, plaid e thermos.
Erano appena passate le 5 quando da un gruppo di "canadesi" montate sul marciapiede erano usciti degli eskimo con dentro gli ideologi dello sciopero, i fuori corso che avevano eletto la fabbrica ad ateneo, i reparti ad aule, la catena di montaggio a palestra ed ogni piazzale disponibile a teatro, a proscenio. Paolo nella luce ancora livida attraversò le sciarpe, selezionò le barbe e riconobbe i soliti: De Robertis, la pecora nera della famiglia dei proprietari, Geremia lo "Scenografo", Carlomarx, che qualche anno ancora e sarebbe stato accettato all'università della terza età. Paolo sentiva il freddo gelargli le ossa e aveva cominciato a passeggiare su e in giù, con la rassegnazione ed il fatalismo di una puttana. Fischiettò un repertorio classico ma ecumenico: Dylan, Elvis, e già che c'era l'Internazionale.
La parata continuava e si colorò dei volti, dei cappelli e dei giubbotti dozzinali degli operai. Alcuni portavano delle bandiere in spalla. Paolo non provò per loro empatia o solidarietà; se ne sentì quasi in colpa ma durò un attimo.
Dopo le sette arrivarono in rapida sequenza, la stampa, due camionette blu stipate di poliziotti, tre sindacalisti rispettivamente travestiti da Guevara, Engels e Palmiro. Alle otto toccò ai crumiri e al padronato, accucciato in una Lancia bianca che si apri a colpi di clacson e finte un varco tra la calca.
Che senso poteva avere essere arrivato lì per primo, manco fosse un concerto degli Who, se non quello dii essere fianco a fianco con gli aspiranti sosia di Engels e Marx che urlavano nel megafono e stagliarsi nitido nel mirino della polizia?
Si scioperava, in prima come in ultima fila. I motivi i soliti: i salari, il dito del Massa perduto nell'ingranaggio, l'indifferenza, la dignità. E tanti altri.
Il motivo di Paolo, l'unico che lo aveva buttato giù dal letto prima dell'alba, bussò alle otto e mezza, mentre la sirena della fabbrica suonava imperterrita con gravità metallurgica. Paolo salì sul palchetto che gli eskimo animati avevano allestito proprio davanti al cancello e la cercò tra gli slogan e la folla vociante e intirizzita. La vide. Lei non vide lui, come ormai accadeva da oltre due anni. Paolo tirò fuori il fazzoletto rosso e iniziò ad agitarlo da quella parte. I loro sguardi si incrociarono.

PLAY http://www.youtube.com/watch?v=K4aqQ7Lv2hg

immagine scelta da Domenico per il suo racconto




_§ she FACTORY (o bella ciao) (di Pina Ianiro)_

 

Sofia si lasciava spesso coinvolgere dai compagni, del resto stentava a lasciarsi alle spalle filosofiche utopie di giustizia e via discorrendo.
Lo sciopero di quella mattina la trovava molto coinvolta era certa fosse giusto essere lì, aspettava di urlare gli slogan insieme alle altre voci: studenti, operai, sindacalisti e aspiranti Guevara, Engels, Palmiro, Marx... era attivista convinta ma nel suo cuore c'era di più della politica e delle lotte sociali.
In quel cuore piccolo scalpitava l'amore. Un amore soffocato sotto le ceneri di un destino cieco e avverso. Non ci pensava all'amore lei, non più... in realtà era totalmente persa e sconfitta, non ci si può impedire di amare.
Il suo cappotto grigio le sembrò improvvisamente troppo leggero per proteggerla da quel freddo. Se solo avesse potuto avvolgersi in un abbraccio avrebbe fatto a meno di arrotolarsi al collo la sciarpa rossa e neanche del cappotto avrebbe avuto bisogno.
Sofia procedeva tra la folla. Molti amici, qualche conoscente e poi, volti... tanti volti e dietro ogni volto una mente e un cuore, e il loro andare. Persone come strade. Persone come vite...
Sofia stringeva mani e ricambiava saluti mentre ci si organizzava per lo sciopero.
Sofia chiudeva le mani a pugno e le infilava in fondo alle tasche per trovare calore. Anche il colore mancava in quella mattina, nonostante le bandiere rosse, si sforzava di trovare il colore alle immagini che catturavano i suoi occhi.
Forse ebbe un attimo di titubanza, un minimo di sospetto che tutto fosse inutile... prese a lisciarsi i capelli castani con le dita e si lasciò distrarre da pensieri annodati come le ciocche che lentamente districava. Poi nel suo sguardo nocciola si riflesse un'immagine rossa che colorò finalmente la scena... un piccolo fazzoletto rosso si agitava tra la folla. Scivolò sui volti fino ad arrivare al suo, fino a precipitare nei suoi occhi. I loro sguardi si incrociarono e nella folla rimasero soli. Soli o satelliti l'uno per l'altra a cercarsi senza confessarlo se non ai sassi.
Si incontrarono nei loro sguardi.

http://www.youtube.com/watch?v=Kyj2N4uYOk0&feature=related
immagine presa dal web

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