Ospiti Speciali -fotografia- Irene Vallerotonda ci racconta la guerra

 “Mi chiamo Irene e fotografo per raccontare ciò che non riuscirei mai con le parole. Per fermare un attimo. Per cogliere un'emozione ...”

 

Oggi intervisto Irene Vallerotonda, una donna forte e sensibile fotografa per passione.

Abbraccia il mondo Irene, lo fa con la sua spiccata sensibilità, con l’attenzione del suo sguardo sempre pronto a cogliere momenti particolari, ha urgenza di comprendere, osservare, emozionarsi, ricordare, fermare dettagli e attimi, ma anche voglia di trasmettere messaggi che a parole perderebbero di spontanea intensità.

Irene e la sua Nikon D610 regalano preziosi punti di vista e spunti di riflessione su tematiche sociali, culturali, storiche ma anche scorci suggestivi e pittoreschi di luoghi (recente una sua mostra personale “Vi racconto Cuba”), dinamiche immagini di street e non ultimo ritratti che lasciano spazio all’espressione come focus centrale.

Ciò che fa Irene è osservare la realtà che la circonda essere attenta, in ascolto, empatica e con un entusiasmo sincero, invita tutti a essere più presenti e meno distratti quando dice “Fermarsi e osservare, solo così ti rendi conto di quante sfaccettature si presentano ai tuoi occhi. Può sembrare banale ma succedono un sacco di cose attorno a noi e per la maggior parte dei casi non si fa abbastanza attenzione per riuscire a rendercene conto, ma basta poco, basta stare attenti a quel che succede e avere la macchina accesa”.

Già, la “macchina accesa” ovvero pronta, indispensabile compagna per Irene che proprio non riuscirebbe a farne a meno.

“Spesso mi chiedono perché giro sempre con la macchina fotografica anche se non è previsto alcun evento, festa o manifestazione. Io rispondo: perché mi piace fotografare…. Non so cosa in particolare ma quello che improvvisamente mi colpisce, mi emoziona. Fosse per me la porterei sempre e ovunque anche in luoghi dove in genere non è ben vista perché la si ritiene inopportuna, ad esempio in ospedale, perché la vita racchiude ogni sfaccettatura della quotidianità: le luci, le ombre, la festa, il dolore, i colori, le diversità …”

Mentre dialoghiamo, guardando le sue foto ho bisogno di farle una domanda:

“Irene, dalle tue foto traspare una forte capacità empatica ed è come se tu riuscissi a cogliere l’attimo esatto in cui scattare, ma come fai?”

“A volte ho la sensazione di vivere la scena, quasi di prevedere ciò che succederà! Un gesto, uno sguardo, un sorriso, una coincidenza. Altre, invece, spero succeda l’attimo giusto e allora mi metto a osservare fino a quando l’attimo arriva.”

Nel 2019 Irene era ad Anzio per la commemorazione e la rievocazione dello sbarco -avvenuto  il 22 Gennaio del 1944- in quell’occasione realizzò, con l’ausilio della sua Nikon e con un teleobiettivo da 300 mm (così da poter fotografare da lontano, anche da 10 metri, riuscendo a isolare la scena scelta), una serie di foto che in questi giorni ha accuratamente selezionato e trasferito in un breve video suggestivo. Guardandolo, ci si dimentica si tratti di una riambientazione, Irene con i suoi scatti riesce a collocarsi in perfetto bilico tra il dramma e la poesia. Le immagini che si susseguono, catturano, inchiodano, commuovono, smuovono la memoria.

Le ho chiesto di parlarmi di questo che lei, con estrema modestia, definisce “piccolo” lavoro fotografico.

"Sapevo che ogni anno ad nzio veniva rappresentata (ora è ferma per il Covid) la rievocazione dello sbarco degli alleati avvenuto il 22 gennaio del 1944, allo scopo di accerchiare i tedeschi che occupavano Montecassino. Avrete certamente sentito parlare dello sbarco in Normandia, in Francia. Eppure a due passi da noi abbiamo avuto la nostra operazione “Neptune”, nome in codice dello sbarco in Normandia e che, fatalità, avvenne sulle spiagge tra “Nettuno” ed Anzio. La curiosità mi spinse ad andare. Studiare la Seconda Guerra Mondiale non è mai, fortunatamente, come viverla sulla propria pelle come invece hanno fatto i nostri padri o nonni. Un modo “edulcorato” ma emozionante per poter anche solo avvicinarsi a quegli anni sanguinosi è quello di visitare il Museo dello Sbarco e rivivere, anche se scenograficamente, tra realtà e leggenda, le fasi dello sbarco. Ed è lì che ho catturato le immagini del filmato, è lì che, astraendomi dalla finzione, ho immaginato e cercato di materializzare e dare corpo alle emozioni, alle paure, alla voglia di vincere, alla voglia di arrivare a porre fine a quel grande conflitto che aveva distrutto gran parte dell’Europa. Spero di esserci riuscita". 

“Ci sei riuscita Irene, e te ne ringrazio, sei riuscita a trasmettere le tue stesse sensazioni quell’astrazione dalla finzione di cui parlavi. Ciò che chiami “piccolo” ha un valore immenso nel giorno in cui si celebra la Giornata della Memoria”.

“L’ho pubblicato per questo motivo oggi, affinché non si dimentichi. Ero alle medie e avevo una compagna ebrea che ci raccontava le storie dei genitori. Rimasi inorridita e incredula. Non pensavo esistesse tanto orrore e mi portai dentro l'incubo di quei racconti. Crescendo iniziai a leggere libri sull'olocausto... Ricordo il mio primo libro "Tu uscirai dal camino, vita e morte a Mathausen" e poi altri e scoprire che nel mondo oltre l'olocausto degli ebrei, massima espressione della malvagità umana, il mondo e la storia sono ricchi di abusi aberranti e tragedie infinite. C'è da chiedersi non perché Hitler abbia ucciso sei milioni di ebrei, ma perché milioni di tedeschi fossero convinti fosse giusto farlo!

Restiamo per un po’ in un silenzio carico di domande che rompo solo per ringraziarla.

“Grazie per la tua sensibilità, spero che questo tuo “piccolo” lavoro -come lo definisci tu- rimanga oltre questo giorno della memoria”

 

 

 

 
 
Alcune foto scelte da Irene, presenti nel video

 



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